Oltre al fatto che molto facilmente fanno male alla salute ed al benessere dei più piccoli, balza fuori un altro grosso contro di merendine e snack per i bimbi.
Il mercato delle merendine e degli snack destinati ai più piccoli continua a crescere, ma insieme alle vendite aumentano anche i prezzi. Secondo un’analisi de Il Fatto Alimentare, molte aziende applicano rincari significativi ai prodotti “per bambini” pur offrendo, nella maggior parte dei casi, ingredienti e qualità del tutto simili a quelli dedicati agli adulti.
Il risultato? Famiglie che spendono molto di più per confezioni piccole, colorate e spesso arricchite con sorprese o mascotte accattivanti. Gli esempi raccolti nel settore fanno riflettere. I mini-panettoni da 100 grammi, venduti nel periodo natalizio e spesso dotati di una piccola sorpresa, arrivano a costare tra i 20 e i 30 euro al chilo, mentre un panettone tradizionale da un chilo è facilmente disponibile in offerta tra 7 e 8 euro al chilo.
Lo stesso accade per le patatine: una confezione standard di un marchio conosciuto supera i 13 €/kg, ma la versione “junior” con sorpresa può toccare quota 40 €/kg, pur avendo gli stessi ingredienti della controparte per adulti. Anche lo yogurt mostra differenze notevoli. I classici vasetti da 125 grammi costano poco più di 6 €/kg, mentre gli yogurt da spremere pensati per i bambini arrivano a 10–11 €/kg, senza reali distinzioni nella composizione.
Nel mondo del cioccolato, poi, i rincari sono ancora più evidenti: barrette e ovetti per bambini, con meno cacao rispetto alle tavolette tradizionali, possono raggiungere prezzi tra 20 e 75 €/kg. Il fattore determinante non è quasi mai la qualità del prodotto, bensì il marketing. Confezioni piccole, grafiche colorate, forme divertenti, gadget omaggio e packaging monoporzione rappresentano per le aziende strumenti potentissimi: attraggono i bambini e rassicurano i genitori, che si trovano così a pagare un sovrapprezzo spesso ingiustificato.
Il fenomeno è particolarmente evidente negli snack salati per la prima infanzia. I “Paff” Plasmon, ad esempio, possono costare fino a 60 €/kg, mentre equivalenti prodotti a base di mais, anche biologici, vengono venduti tra 12 e 54 €/kg. Una differenza che non riflette un divario qualitativo significativo, ma piuttosto la forza del marchio e il target a cui è destinato.
L’industria alimentare conosce bene le dinamiche emotive e psicologiche che accompagnano gli acquisti per i bambini. Per questo il marketing dedicato ai più piccoli è soggetto a limitazioni. Mascotte, colori vivaci, gadget e formati “comodi” spingono all’acquisto, incoraggiando un consumo frequente di alimenti dolci e salati poco salutari.
È proprio qui che si crea il paradosso. L’idea che un prodotto destinato ai bambini sia “più sicuro” o “più adatto” non sempre corrisponde alla realtà. Bisogna quindi leggere attentamente le etichette e a confrontare i prezzi al chilo, perché spesso la differenza tra un prodotto “baby” e uno “adulto” è puramente estetica, non nutrizionale.
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