Formaggi di note marche incriminati: altro che latte italiano! Cosa contengono realmente? Lo rivela una lista a lungo secretata dal Ministero della Salute che smaschera numerose aziende nostrane che lavorano e commercializzano su larga scala prodotti caseari.
La trasmissione ‘Report’ su Raitre ha spostato l’attenzione sulla qualità di ciò che arriva sulle nostre tavole, facendo luce sul processo che parte dalla scelta di una marca piuttosto che un’altra sulla base di una presunta maggiore qualità. Quante volte, da consumatori, abbiamo preferito nomi noti piuttosto che altri, in considerazione della bontà di un prodotto? Ci risulterà illogico immaginare che proprio coloro che paventano materie prime italiane, in realtà utilizzano ben altro.
Si tratta dunque di una vera e propria frode messa n atto ai danni dei consumatori italiani che vengono implicitamente tratti in inganno, spesso anche pagando più del dovuto. Lo scorso giugno la Coldiretti aveva già tentato di venire in possesso della famosa lista, ottenendo un perentorio diniego dal Ministero della Salute. Giustificato poi con la seguente motivazione: “negli organi direttivi della Coldiretti siedono persone che hanno interessi diretti in imprese del settore lattiero caseario”.
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Oggi Report ha finalmente rivelato la lista delle aziende italiane i cui prodotti, pur vantando la provenienza di materie prime italiane, utilizzano invece latte di importazione straniera. Ecco quali sono le marche coinvolte:
Galbani (Lituania, Spagna, Francia)
Prealpi (Germania, Finlandia, Danimarca – provenienza segnalata in etichetta)
Granarolo (Francia, Repubblica Slovacca, Slovenia, Ungheria)
Giglio (gruppo Newlat importa dall’Ungheria)
Polenghi (gruppo Newlat importa dall’Ungheria)
Torreinpietra (gruppo Newlat importa dall’Ungheria)
Questa mancata indicazione della corretta provenienza del latte comporta gravi rischi per la salute dei consumatori. Rende infatti impossibile concretizzare eventuali allerte su prodotti del settore diramati dagli enti di controllo europei. Per questo motivo la Coldiretti ha impugnato la questione chiedendo maggiore trasparenza. Vedremo quali conseguenze ci saranno a carico delle aziende protagoniste della bufala.
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