Il dover convivere con il pericolo PFAS era cosa già nota da decenni, ma due studi ora confermano come questa problematica sia anche più grave.

Pericolo PFAS, da decenni se ne sente parlare e questo rappresenta uno dei rischi connessi a quella che è la produzione alimentare. Questa sigla sta ad indicare le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate ed è un acronimo che si riferisce a più di 4700 componenti chimiche create artificialmente. Pare addirittura che siano quasi il doppio.

Pericolo PFAS nel cibo
Pericolo PFAS nel cibo (Foto Canva – Ricettasprint.it)

Il pericolo PFAS è costituito dal fatto che tali sostanze migrano dagli involucri che contengono liquidi od alimenti che comunemente siamo abituati ad assumere. Questo fenomeno negativo le porta ad accumularsi all’interno del nostro organismo, fino a dare adito a dei problemi importanti per la salute.

Tra l’altro il pericolo PFAS riguarda anche l’ambiente, con una ingente contaminazione anche di bacini e corsi d’acqua, con quindi un massiccio impatto ambientale ed una probabile manifestazione di rischio non solo per l’uomo ma anche per gli animali.

Se vige così concretamente un pericolo PFAS allora perché l’industria, non solo alimentare, ne fa uso? Perché queste componenti rappresentano un elemento base costitutivo di molti confezionamenti. Servono ad esempio per impermeabilizzare le stoviglie ed i fazzoletti compostabili e biodegradabili.

Pericolo PFAS, quali prodotti li contengono: lo studio

Ci sono due studi compiuti di recente e che hanno trovato pubblicazione sulla rivista specializzata di settore Environmental Science and Technology Letters che hanno mostrato dei dati poco rassicuranti, in tal senso.

Ricercatore maneggia sostanze pericolose
Ricercatore maneggia sostanze pericolose (Foto Canva – Ricettasprint.it)

In entrambi infatti viene consigliata prudenza ai consumatori. Un primo rilevamento che porta la firma di ricercatori canadesi, riferisce di come 42 diversi tipi di confezionamenti compostabili (ovvero capaci di decomporsi biologicamente in compost fertilizzante per il terreno) fatti di cara e di fibra vegetale impermeabilizzata nascondano purtroppo una insidia.

Si tratta di involucri impiegati in molti ristoranti e fast food, e praticamente tutti quanti questi contenevano fluoruri. In particolare otto confezionamenti hanno presentato una concentrazione superiore dalle tre alle dieci volte quelli che sono i limiti teorici di allarme.

Teorici perché purtroppo non esistono leggi che abbiano introdotto una soglia massima da rispettare. E questo non fa altro che acuire il problema. Inoltre è emerso un altro dato preoccupante che riguarda le stoviglie lasciate per un periodo di due anni a temperatura ambiente.

Emergono altri fenomeni preoccupanti

In questo caso i livelli di PFAS presenti al loro interno sono calati in media dell’85%. Ciò vuol dire che queste sostanze si sono disperse anche nell’aria, senza entrare in contatto con alcun alimento. La modalità “classica” con la quale confluiscono negli alimenti è invece rappresentata dalla sollecitazione data dal calore.

Involucri contenenti PFAS
Involucri contenenti PFAS (Foto Canva – Ricettasprint.it)

Mettere questi involucri e queste stoviglie compostabili usa e getta con le alte temperature favorisce la migrazione nel cibo che contengono o che devono raccogliere per farcelo portare alla bocca.

Negli Stati Uniti, per via del fatto che gli PFAS possono contaminare corsi di acqua, terreni ed aria ed entrare molto facilmente all’interno della catena alimentare, undici Stati hanno messo queste sostanze fuori legge in quello che era il loro utilizzo nei confezionamenti alimentari.

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È necessario limitare l’uso di PFAS

Anche due grossi nomi della ristorazione nell’ambito dei fast food hanno annunciato di volerli vietare entro il 2025.

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Il secondo studio, condotto invece da ricercatori statunitensi della Università di Notre-Dame, conferma invece come il rilascio di PFAS avvenga da materiali plastici ma anche da involucri impiegati per cosmetici, detersivi e tanti altri prodotti di uso quotidiano che utilizziamo ogni giorno e che altrettanto frequentemente acquistiamo quando andiamo a fare la spesa.

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Il rilascio medio in questo caso è di 0,99 e 66,9 ng/g di plastica, in diverse condizioni, come per esempio il contatto con acqua, acetone, a temperatura ambiente e molto altro. In parole povere: siamo circondati da PFAS, e serve urgentemente che chi di dovere legiferi in tal senso per cercare di contenere un fenomeno devastante per la salute di persone, animali ed ambiente.