La scoperta emersa a seguito di alcuni studi recenti sul cibo per gatti è a dir poco sconcertante. Guardate cosa c’è spesso all’interno.

Due gatti mentre mangiano
Due gatti mentre mangiano (Pixabay)

Il cibo per gatti andrebbe attentamente selezionato, allo scopo di tutelare al massimo la salute dei nostri amati felini. L’industria in questione vale miliardi e ci mette a disposizione bocconcini di tutti i tipi da dare in pasto a mici e micetti che abbiamo in casa.

C’è del cibo per gatti al salmone, al coniglio, alla trota…ed allo squalo. E si: c’è anche della carne di squalo che viene lavorata in certi stabilimenti per poi essere confezionata ed etichettata molto genericamente come “carne di pesce”.

Lo rende noto uno studio che risale al 2019 e che ha trovato pubblicazione su “Conservation Genetics”. In base a questa ricerca, ben il 63% di 87 campioni di cibo per gatti sottoposti ad analisi conteneva della carne di squalo. E più precisamente di squalo mako a pinna corta.

Cibo per gatti, tra gli ingredienti più diffusi c’è la carne di squalo

Si tratta di una specie in via di estinzione. E la cosa è assolutamente gravissima. Tra l’altro ci sono ulteriori ricerche più recenti che ribadiscono come questo trend sia colpevolmente attuale. Anche l’Università di Singapore ha posto l’accento su questo problema. La carne di squalo è molto impiegata, per qualche motivo.

Micio che mangia
Micio che mangia (Pixabay)

E non a caso, nell’ultimo mezzo secolo, dagli anni Settanta in poi, proprio svariate specie di squali sono diventate sempre più prossime all’estinzione, o quantomeno risultano avere una popolazione più che dimezzata.

La sparizione delle stesse rappresenterebbe una catastrofe per gli ecosistemi marini, con l’alterazione della catena alimentare di riferimento che verrebbe profondamente alterato. Con effetti negativi. Questo enorme problema trae origine anche dalla pesca di frodo.

Servono norme più aspre

Siamo nell’ambito del bracconaggio vero e proprio, che foraggia non solo l’industria alimentare per animali ma anche quella cosmetica o quella della ristorazione.

Basti pensare al corrispettivo che avviene con la caccia alle balene, dalle quali si estraggono parti per alcuni piatti caratteristi ed altre proprio per la cosmesi.

La sensazione però è che non ci siano delle regolamentazioni e delle normative abbastanza forti da scoraggiare tutto questo. E dall’illegale al legale questa storpiatura ci mette un attimo a diventare accettata da chi invece dovrebbe vietarla.

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