Antonino Cannavacciuolo - Instagram Ufficiale
Antonino Cannavacciuolo – Instagram Ufficiale

Antonino Cannavacciuolo, chef stellato e giudice di Masterchef Italia, è entrato ormai di diritto nelle nostre case con la sua imponenza fisica e gastronomica. Tanti i programmi televisivi che lo vedono protagonista e che appassionano il pubblico, complici la sua spiccata verve e grande semplicità espressiva. I suoi innumerevoli followers, lo indicano come “lo chef della porta accanto” che con grande umiltà entra nella tua cucina e ci fa quello che vuole. Uno sguardo allo schermo ed in men che non si dica ci si ritrova ai fornelli per riprodurre una ricetta da gourmet con tanto di impiattamento stellare.

C’è un Cannavacciuolo in ognuno di noi: la dimostrazione

Se avete letto la parte precedente ed avete assimilato senza fare una piega il lessico culinario, vuol dire che si è impossessato anche di voi! In pochi semplici attimi di estasi gastronomica, Antonino Cannavacciuolo ci ha cambiato la vita. Prima di Masterchef, era tutto un tripudio di “buccia di limone grattugiata” e “prosciutto a cubetti”, oggi prontamente sostituiti da “zeste di limone” e “dadolata di prosciutto”. Quanto ci piace usare questi termini? Nonostante non siano propri della lingua italiana, sono entrati con prepotenza nel parlato comune. Non sembra da escludersi che prima o poi, entrino di diritto nei vocabolari di lingua italiana (se non è già accaduto).

La domanda è: ne avevamo davvero bisogno?

I puristi staranno rivoltandosi, insieme ai vari Leopardi e Foscolo nelle loro tombe. D’altra parte è anche inutile chiedersi se ci serve davvero modificare quelle che sono le nostre tanto vantate radici lessicali. Ciò che, con un pizzico di nostalgia, conviene ricordare è come scrivevamo e parlavamo prima dell’avvento della tecnologia moderna degli smartphone e dei programmi televisivi di un certo genere. Ormai il neologismo è dietro l’angolo, alla portata di tutti, ma soprattutto degli adolescenti che scrivono tra i banchi di scuola. E tutto sommato, meglio usare una “sac a poche” con Antonino, piuttosto che un “xkè” senza alcun senso.