Joe Bastianich ha sempre mostrato un grandissimo legame con la sua famiglia di origine come dimostrato da un qualcosa che questo ha cominciato a fare quando aveva solo 12 anni. A raccontare il dettaglio sull’infanzia è stata mamma Lidia che da pochissime settimane ha realizzato il suo personale sogno americano.
Nel corso degli anni Joe Bastianich ha avuto modo di raccontare in diverse occasioni la sua vita in famiglia al fianco del padre e della madre che hanno inseguito per molto tempo i loro sogni e obiettivi lavorativi. Non a caso lo stesso Bastianich in questi mesi ha pubblicato un libro tributo dedicato al padre e al metodo che gli ha permesso di diventare uno dei forti ristoratori oltre oceano, con a seguito una lunga catena di ristoranti che gli hanno permesso così di conquistare il successo che tanto aveva bramato e per il quale aveva anche deciso di lasciate l’Italia quando era ancora molto giovane insieme ai genitori.
Il successo della famiglia Bastianich è frutto non solo di costanza e dedizione al lavoro, ma è anche frutto di un lavoro di squadra che tutta la famiglia ha messo in atto senza mai fermarsi.
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Joe Bastianich lo faceva già a 12 anni | Il sogno americano di mamma Lidia
Come abbiamo avuto modo di spiegare all’inizio del nostro articolo, a tenere banco nel mondo delle informazioni in questi giorni troviamo la pubblicazione da parte di Lidia Bastianich del suo libro dove racconta appunto la realizzazione dei suoi sogni oltreoceano, tanto che l’opera in questione prende il nome di Il mio sogno americano.
La madre di Joe Bastianich nel libro in questione racconta il modo in cui nel corso della sua vita sia sempre stata al fianco del marito e della sua famiglia ogni giorno nella conquista del loro grande sogno e scalata al successo. Nell’opera, infatti, Lidia Bastianich parlando del figlio Joe ha raccontato:
“Mia madre che si occupava dei bambini, mio padre che ha carteggiato le sedie del ristorante fino a poco prima di morire, mio figlio Joe che dodicenne lavorava in un negozio di bagel al mattino presto e consegnava i giornali in bici per darci un po’ di supporto…” […] Quando partorì mia figlia Tanya, nel 1972, lavorai fino al giorno al giorno prima […] fu una necessità, mi sentivo responsabile di ciò che stavamo costruendo con mio marito”.
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