C’è qualcosa che vale la pena sapere in merito agli allevamenti di pollo da cui è tratta la carne che poi compriamo quando facciamo la spesa.

Gli allevamenti di polli in Italia, nomi diversi ma produttori sempre uguali
Allevamento di polli (Ricettasprint.it)

Ogni anno, ogni persona consuma in media 16 kg di carne di pollo. Questo si traduce in un’enorme quantità di polli macellati, ben 40 milioni al mese, ma sorprendentemente se ne parla molto poco.

Il settore avicolo sembra essere avvolto da un silenzio quasi totale. E nonostante le richieste di informazioni sul sistema di allevamento, sulla qualità della carne e sul benessere degli animali, le aziende non rispondono.

Questo è particolarmente preoccupante considerando che tre aziende coprono quasi l’80% del mercato: Aia Gruppo Veronesi, Amadori Gesco e Fileni. Nei supermercati, accanto alle confezioni di petti di pollo o cosce con il marchio delle tre principali aziende, si trovano anche prodotti di altre aziende meno conosciute.

Ciò accade perché le tre grandi aziende operano attraverso società affiliate che riforniscono le catene di supermercati. Le quali a loro volta etichettano il pollo con il proprio marchio.

Pertanto, sulle confezioni non compaiono i nomi di Fileni, Amadori o Aia, ma quelli di altre aziende come Carnj Società Cooperativa Agricola, Avi Coop, Agricola tre valli. Che però fanno sempre riferimento alle tre principali aziende.

Allevamenti di pollo, la situazione è preoccupante

Gli allevamenti di polli in Italia, nomi diversi ma produttori sempre uguali
Polli in un allevamento (Ricettasprint.it)

L’allevamento intensivo di polli avviene in modo standardizzato, indipendentemente dall’azienda. Gli animali, insieme al mangime e alle modalità di crescita e macellazione, sono tutti determinati dalle aziende, non dagli allevatori.

Le cooperative o le società che allevano gli animali forniscono la struttura, i capannoni, le attrezzature e la manodopera. Ma devono seguire le precise indicazioni fornite da Aia, Amadori e Fileni, senza possibilità di deviazioni.

Se tutte le aziende allevano polli della razza Ross 308 a crescita rapida, seguendo le indicazioni di Aviagen, è lecito chiedersi quale sia la differenza tra i petti di pollo venduti nei supermercati. Gli animali sono gli stessi e vengono macellati quando sono ancora pulcini, dopo soli 35-42 giorni dalla nascita.

Un aspetto curioso e paradossale è il fatto che, quando abbiamo richiesto all’associazione di categoria (Una) il disciplinare contenente le norme sull’allevamento e il benessere animale, ci è stato detto che il manuale è secretato e riservato esclusivamente alle aziende affiliate.

Servono interventi immediati

Non è chiaro perché un disciplinare di un’associazione di categoria, che stabilisce le regole per l’allevamento di centinaia di milioni di polli, debba essere mantenuto segreto. Risulta difficile comprendere cosa ci sia da nascondere sulle modalità di allevamento dei polli.

Di fronte a un ambiente in cui sembra impossibile ottenere informazioni, Il fatto alimentare ha cercato di contattare 10 catene di supermercati che vendono petti di pollo, cosce e ali provenienti dalle tre aziende leader di mercato. Coop ha risposto alle domande, sottolineando che i polli con il marchio Coop sono esenti dal problema delle strisce bianche sulla carne.

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Carrefour ha inviato una risposta abbastanza dettagliata. Tuttavia, Conad, Esselunga, Unes, Pam, Aldi, Lidl, Md… non hanno fornito alcuna informazione. Di conseguenza, prendendo spunto da questo articolo, pensiamo che sia il caso di rendere noto il fatto che il problema degli allevamenti intensivi vada divulgato.

Ci sono polli tutti uguali, cresciuti rapidamente, spesso malati e con lesioni alle zampe e ai garretti.

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Alla fine della giornata, siamo ciò che mangiamo. E se continuiamo a ignorare le pratiche poco etiche dell’industria alimentare, non solo mettiamo a rischio la nostra salute, ma contribuiamo anche a perpetuare un sistema cruento e insostenibile.

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È giunto il momento di alzare la voce e chiedere un cambiamento reale e significativo nel modo in cui produciamo e consumiamo il cibo. Solo così potremo garantire un futuro migliore per gli animali, l’ambiente e per noi stessi.