L’ente di controllo del mercato contatta direttamente alcune aziende indicate come responsabili di una condotta di pubblicità ingannevole.

pubblicità ingannevole al supermercato
pubblicità ingannevole al supermercato Foto dal web

Pubblicità ingannevole: è questo il riferimento che la rivista Altroconsumo ha individuato e segnalato alla Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm). Pomo della discordia è una terminologia considerata non corrispondente al vero nel reclamizzare alcuni prodotti.

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La rivista ha fatto sapere che sulle confezioni di alcuni alimenti comunemente reperibili in tutti i supermercati e negozi di alimentari sono presenti delle parole quali “difesa”, “immunità” e simili atti a far credere che la loro assunzione possa avere degli effetti fortificanti e protettivi su quello che è il sistema immunitario.

La cosa riguarda in particolare delle marche di thè e di integratori. L’acquirente può essere portato ad attribuire a tali prodotti industriali delle capacità non corrispondenti alla realtà, per quanto siano contenute in essi delle sostanze nutrienti.

Dopo questa segnalazione, la stessa Agcm ha provveduto a contattare di persona le aziende interessate da questa segnalazione di pubblicità ingannevole.

E tutte quante loro hanno fornito la massima disponibilità ad apportare i dovuti cambi di indicazioni nelle etichette dei loro articoli alimentari già nel breve periodo.

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Pubblicità ingannevole, quali sono i prodotti contestati all’Agcm

Altroconsumo riporta anche i nomi dei prodotti contestati. Si tratta dei seguenti:

  • Thè verde Lipton (contiene un ‘Immunity time’ che verrà tolto)
  • Thè L’Angelica (riportava l’indicazione ‘Immuno’ e ha rimpiazzato la locuzione ‘Rafforza le tue difese immunitarie’. Ora c’è scritto ‘Supporta il normale funzionamento del tuo sistema immunitario’ in etichetta.
  • Valsoia, un integratore che era descritto come “rinforzo delle difese immunitarie” ha soppresso il termine ‘rinforzo’.

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Tutto regolare invece per i cereali Kellog’s, secondo il giudizio dell’Autorità garante. Il giudizio in questo caso è positivo in merito al vocabolo ‘immuni’ presente nel nome del prodotto stesso.

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La cosa però riguarda anche yogurt ed altro, ed in questo senso non sembra essere giunto alcun provvedimento.

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